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A Agnostico (Non dizionario)


A come Agnostico
deriva dal greco antico ἀ- (a-), "senza", e γνῶσις (gnōsis), "sapere", "conoscenza"
E’ stato già detto tanto sulla posizione dell’agnosticismo, da Protagora a Huxley. In queste  note non intendo fare una esposizione di riflessioni di vari pensatori, faccio solo qualche mia considerazione su cosa intendo per agnosticismo e sul mio modo di essere agnostico.
 Agnostico vuol dire: essere consapevole di non avere conoscenza su una questione. Se la questione è la deità, l’agnostico è colui che è consapevole di non avere conoscenza della deità. L’agnostico non è indifferente alla questione della deità, e non può essere confuso con l’atteggiamento dell’indifferenza. L’agnostico non nega la ricerca della conoscenza, afferma soltanto di non essere arrivato con la sua conoscenza. L’agnostico lascia aperta la porta della ricerca  e non chiude a nuovi spunti di conoscenza.
 Si è voluto spesso confondere agnosticismo ed ateismo, ma l’agnosticismo è in antitesi con l’ateismo, l’ateismo ha delle sue certezze in materia di negazione della deità, l’agnosticismo non ha certezze. L’agnosticismo altresì non è la religione del dubbio ma è il dubbio nel suo contingente, in un particolare momento e stadio della conoscenza. Se l’agnostico dice che non si potrà mai conoscere la deità in qualche modo chiude e nega la sua posizione agnostica, la posizione agnostica deve mantenere aperta la ricerca. 
 Ateisti e credenti in una fede in qualche modo si somigliano perché hanno delle certezze, l’agnostico è disposto ad ascoltare e a ragionare e non ha delle certezze, aggiunge che è difficile avere delle certezze ma non afferma che è impossibile. L’agnostico sa di non sapere, ha consapevolezza del suo limite. Essere agnostici è una condizione individuale e provvisoria, un agnostico non può appartenere al partito degli agnostici, perché il partito degli agnostici è in contrasto con lo stesso agnosticismo.
 L’agnostico, per il particolare stadio in cui si trova, vogliono assorbirlo da una parte quelli che professano una fede e dall’altra gli atei. L’agnostico sovente è disprezzato come mancante di coraggio o come chi ha scelto una posizione comoda; non è né l’uno né l’altro, spesso necessita del coraggio di restare isolato e la sua posizione di continua ricerca può essere spesso scomoda e faticosa.
 Nel mio essere agnostico ho letto diversi testi di religioni e continuo farlo,  ho potuto vedere come il tempo ha cancellato tante credenze, e come il tempo ha lasciato in vita, e insoluti,  i nodi più forti. Ho potuto vedere anche che verità scientifiche che in passato si consideravano vere poi sono state superate da nuove verità scientifiche. Religioni e scienza vagano come comete nel tempo, e il tempo di ogni singolo uomo è breve e spesso deve rispondere a quotidiani e miseri bisogni.
 Sono arrivato nel mio percorso solo a una breve considerazione: se Dio non c’è, continuerò a vagare senza un dopo; se Dio c’è, è sicuramente più buono di me.
 francesco zaffuto

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2 commenti:

  1. Un piccolo trattato che chiarisce e distingue agnosticismo e ateismo. E non è ultimo il distinguo con l'indifferenza.

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  2. Per come la penso, gli unici ad essere certi sono gli atei perchè i credenti, in gran parte, scelgono ogni giorno di dare fiducia a un messaggio... a volte facendolo contro la propria ragione e in conflitto con l'istintività.
    M'è piaciuta l'osservazione "il partito degli agnostici è in contrasto con lo stesso agnosticismo" e ho apprezzato anche la considerazione finale: "se Dio non c’è, continuerò a vagare senza un dopo; se Dio c’è, è sicuramente più buono di me".

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